di Claudia Viggiani

Santo Stefano Rotondo

Ipotesi ricostruttiva e pianta della Chiesa di Santo Stefano Rotondo a Roma

Quando si entra nella chiesa di Santo Stefano Rotondo a Roma si viene subito avvolti dallo spazio dilatato ed armonioso, carico di luce ed ombre che si proiettano sulle antiche strutture della chiesa, consacrata da papa Simplicio negli anni del suo pontificato, tra il 468 e il 483.
L’originario edificio, a pianta circolare, era costituito da un’area centrale, recintata da 22 colonne architravate, e da due ambulacri concentrici, dei quali, il più interno, del diametro di 42 metri, era delimitato da un secondo cerchio di 36 colonne separate da otto pilastri.
L’ambulacro più esterno, del diametro di 66 metri, presentava invece una struttura più articolata, costituita da otto vani, quattro dei quali, simili a grandi vestiboli, erano posti in corrispondenza dei quattro bracci di una croce greca e presentavano un’altezza maggiore rispetto agli altri quattro vani che erano suddivisi a loro volta in due ambienti: uno più interno, una sorta di cortile a cielo aperto, e uno più esterno, coperto da un soffitto e in comunicazione con gli atri attraverso due varchi aperti sui lati corti. Nel muro perimetrale di ognuno di questi quattro corridoi coperti, si aprivano due porte, orientate a nord, est, sud e ovest, che consentivano l’accesso dall’esterno all’interno dell’edificio sacro, racchiuso molto probabilmente dentro un recinto di forma quadrata.
Le sostanziali modifiche apportate in passato, in particolare nei secoli VII, XII, XV e XVI, non permettono purtroppo di comprendere come fosse esattamente l’aspetto antico della chiesa e tanto meno di ipotizzare, con maggiore chiarezza, una differente destinazione d’uso di questo imponente edificio prima della sua eventuale trasformazione in basilica.
La pianta circolare e l’area centrale, forse in un primo momento caratterizzata dalla presenza di un elemento come una vasca, presumibilmente ottagonale, oppure una grande urna, ricordano molto più un battistero, o un mausoleo che una chiesa paleocristiana.
Se così fosse, si spiegherebbe meglio la pianta complessa di un edificio che sembrerebbe essere stato concepito anche per suggerire un “percorso” particolare che gli uomini devono compiere per arrivare nella parte centrale, non visibile dall’esterno. Un viaggio fisico e mistico per giungere nel cuore della struttura, come al centro di sé stessi attraverso una sorta di labirinto esoterico, ben ordinato e ritmato da armonie numeriche e geometriche. Un viaggio verso una nuova dimensione nella quale il confine tra umano e divino, tra finito e infinito è misteriosamente sottile.