di Claudia Viggiani
Sono chiusa in casa da solo tre giorni e Roma mi manca da morire.
Mi mancano le strade, i rumori, il cielo, i sampietrini sotto i miei piedi.
Mi mancano i volti esterrefatti dei turisti sorpresi da una bellezza struggente.
Roma è per me un’assenza incolmabile, con la quale devo fare i conti per superare la distanza che ci separa.
La distanza di un virus, di una malattia troppo pericolosa per noi mortali e che, invece, fa ridere la mia cara città eterna.
Quando penso a Roma, così tanto sola in questi giorni, mi viene voglia di abbracciarla. E lo faccio. Chiudo gli occhi e abbraccio piazza del Pantheon, abbraccio piazza Navona, Campo dei Fiori, il Ghetto, il Colosseo, San Pietro, piazza del Popolo, Castel Sant’Angelo, Fontana di Trevi, piazza di Spagna.
Abbraccio tutto ciò che posso abbracciare come in una profonda meditazione che mi connetta a lei.
Sento così che la mancanza enorme, diminuisce, man mano che accolgo a me un luogo, una chiesa, un monumento.
Tengo gli occhi chiusi per non vedere la città desolata mentre la immagino protetta dal mio abbraccio, mentre respiro i suoi odori e ascolto i suoi suoni.
Nessuno e niente potranno separarci mia amata Roma.
Il virus non potrà ucciderti ed io posso cullarti, in attesa di riprendere con te il cammino della mia vita.