di Claudia Viggiani

Nello splendido ritratto di Simonetta Vespucci, dipinto intorno al 1480 da Sandro Botticelli  e oggi conservato nello Städel Museum di Francoforte, la nobildonna è raffigurata a mezzo busto, con il viso di profilo e il corpo delicatamente girato verso l’osservatore al quale mostra il prezioso pendente che porta al collo.

Botticelli e Simonetta Vespucci

Botticelli, Simonetta Vespucci come ninfa, 1480, Städel Museum, Francoforte

La giovane Simonetta Cattanei, musa ispiratrice di Botticelli che la ritrasse nei suoi più celebri capolavori quali la Nascita di Venere e la Primavera, oggi entrambi agli Uffizi, fu maritata giovanissima al coetaneo Marco Vespucci e fu amata da Giuliano de’ Medici – il fratello minore di Lorenzo il Magnifico – che le dedicò la vittoria della giostra del 29 gennaio 1475.
La sua precoce morte, sopraggiunta all’età di 23 anni nell’aprile del 1476 a causa della tisi, fece sì che Simonetta diventasse presto un’icona ultraterrena alla quale lo stesso Lorenzo il Magnifico, immaginandola nel firmamento, dedicò un sonetto nel quale la descriveva come una “chiara stella” che con i suoi raggi toglieva la luce alle stelle vicine.
Nel dipinto di Botticelli la celestiale Simonetta, degna della bellezza e della purezza d’un angelo, appare con l’incarnato perlaceo, un abito bianco e una lunga chioma dorata, terminante in due lunghe due trecce unite all’altezza del cuore.
La sua elaborata acconciatura presenta candide perle di diversa dimensione e fili argentei che escono da un gioiello a forma di fiore, in oro con rubino, forse un simbolo nuziale.
La collana di fili d’oro regge un raro pendente eseguito in età ellenistica, raffigurante una scena del mito di Apollo e Marsia.
Il pregiato gioiello è un cammeo in sardonica a due facce aventi lo stesso soggetto e la medesima cornice in oro e smalto nero.

Apollo, Olympos e Marsia, cammeo, sardonica, età ellenistica, Bibliothèque Nationale de France, Parigi

L’unica differenza sostanziale è che una faccia del cammeo presenta un fondo con un marrone più chiaro rispetto all’altra faccia che ha il fondo più scuro.
Il dipinto di Botticelli mostra il lato del cammeo con il fondo più scuro e con le figure evidenziate dal bianco giallastro della sardonica.
Il prezioso doppio cammeo, oggi conservato presso il dipartimento Médailles et Antiques della Bibliothèque Nationale de France a Parigi,
e indossato da Simonetta alla fine del Quattrocento così come si deduce dal dipinto di Botticelli, raffigura, a destra, Apollo seminudo, in piedi, con i capelli che  cadono sulle spalle. Il dio indossa una clamide che copre parzialmente le gambe. La sua mano destra tiene un plettro e la sua mano sinistra tiene la lira, appoggiata sul fianco. Ai suoi piedi, Olympos implora la grazia per il suo maestro Marsia. Quest’ultimo, nudo e seduto sulla pelle di un leone, è piegato dalla sofferenza e dalla paura di morire. I suoi piedi sono incatenati e le sue mani sono legate a un albero secco, privo di vita. Accanto a lui c’è l’aulòs, il flauto a doppia canna da lui inventato.

È possibile ipotizzare che il famoso Sigillo di Nerone, che insieme ad altre 96 gemme era uno dei pezzi più preziosi della collezione di Lorenzo il Magnifico, sia stato realizzato utilizzando il cammeo indossato da Simonetta. Il cammeo è infatti una gemma lavorata a bassorilievo, da non confondere con il sigillo che, al contrario, viene inciso per creare un’immagine incavata rispetto al piano della pietra. È difficile datare il Sigillo di Nerone ma potrebbe addirittura risalire all’epoca rinascimentale, quando gli artisti avevano raggiunto una grande maestria nell’arte di incidere le gemme, in un confronto continuo con gl’intagliatori dell’antichità romano imperiale. Il sigillo è di fatto un’impronta, una vera e propria matrice, incisa al negativo e realizzata per essere impressa su una materia morbida, come la ceralacca, per autenticare editti, atti ed epistole, e che veniva talvolta ricavato da un calco in cera di un cammeo come quello indossato da Simonetta.
Il Sigillo di Nerone, in corniola, era molto conosciuto nel Rinascimento, anche per la raffigurazione del mito di Apollo e Marsia. Esso era presente già nelle raccolte di Cosimo il Vecchio, nonno di Lorenzo il Magnifico, che aveva commissionato allo scultore Lorenzo Ghiberti un’apposita montatura in oro. Su questa montatura, andata perduta, Ghiberti aveva fatto incidere l’iscrizione NERO CLAUDIUS CAESAR AUGUSTUS GERMANICUS P. MAX. TR. P. IMP. PP, tratta da una moneta di Nerone, che diede alla corniola la definizione di Sigillo di Nerone. Lorenzo il Magnifico successivamente fece incidere sulla corniola, in prossimità dell’angolo superiore sinistro, il suo nome: LAU[RENTIUS] MED[ICI].

Apollo, Marsia e Olympos, cosiddetto “Sigillo di Nerone”, fine I secolo a.C.- inizio I secolo d.C., o epoca rinascimentale, Museo Archeologico Nazionale, Napoli

La scena dell’intaglio del sigillo è praticamente identica a quella del cammeo di Simonetta. Anche qui è rappresentato il momento successivo alla vittoria di Apollo nella sfida musicale lanciata da Marsia, immediatamente prima del suo scuoiamento, supplizio al quale Apollo lo aveva condannato per averlo sfidato. Apollo è rappresentato sulla destra, stante e forte. Ha lunghi capelli, un panneggio che gli avvolge le gambe e la lira sostenuta dal braccio sinistro come un trofeo. Il suo sguardo è rivolto verso Marsia, seduto su di una pelle di leone stesa sulla roccia, con le mani legate a un tronco d’albero posto dietro la sua schiena.

Il satiro è nudo, con la testa leggermente china e gli occhi abbassati; sembra rassegnato, in attesa che Apollo lo scortichi vivo.
In ginocchio in primo piano, si trova Olympos che supplica Apollo di avere pietà per il suo maestro Marsia. Dai rami spogli dell’albero che sovrasta Marsia pende la custodia del suo flauto, caduto a terra a evidenziare la fine stessa del satiro che morirà spellato vivo, dopo essere stato sospeso all’albero secco.

Sia nel cammeo di Simonetta, sia nel Sigillo di Nerone la scena è carica di una calma drammaticità, esaltata dalla figura flessuosa e trionfante di Apollo alla quale si contrappone quella tesa e impotente di Marsia. Tutto converge sulle emozioni dei personaggi raffigurati, inclusa quella di Olympos, la cui inutile invocazione di pietà e salvezza arricchisce l’immagine di una tragicità che fa riflettere. Nessuna preghiera o implorazione potrà infatti modificare la decisione del dio Apollo che ha deciso di punire Marsia per la sua tracotanza (hybris).

Il cammeo di Simonetta, dipinto da Sandro Botticelli, assiduo frequentatore in quegli anni del circolo culturale neoplatonico prossimo a Lorenzo il Magnifico, si riferiva, quasi certamente, alla vittoria dell’intelletto sugli istinti brutali, alludendo alla liberazione dell’anima dai legami terreni, rappresentati da Marsia, e al trionfo della musica divina di Apollo.
L’angelica Simonetta era diventata così un simbolo di purezza, portatrice di un messaggio che proprio Pico della Mirandola nel 1485 aveva descritto dicendo “spogliarsi di Marsia significa sottrarre l’anima ai legami terreni, la vittoria di Apollo è la vittoria della musica divina”.