di Claudia Viggiani
L’anima desidera stare col suo corpo, perché,
sanza li strumenti organici di tal corpo,
nulla può oprare né sentire.
Leonardo da Vinci.
Chiunque visiti il Louvre lo fa anche perché al suo interno è conservata la Gioconda di Leonardo da Vinci.
Inserita in una struttura in acciaio, una cassaforte che la protegge, l’opera è visibile attraverso una lastra di vetro blindato, che, nonostante lo spessore, ha una trasparenza perfetta e antiriflesso.
In questo modo la conservazione del capolavoro è garantita e, sia la tavola, sia i colori – un po’ offuscati dal tempo – sono protetti dall’umidità, le polveri e i più pericolosi agenti inquinanti.
Purtroppo però, molto spesso, la Gioconda non è facilmente raggiungibile perché, quando ci sono molte persone nel museo, per ammirarla bisogna fermarsi dietro ad un nastro posto ad una ragguardevole distanza dal piccolo dipinto, i cui preziosi dettagli sembrano scomparire alla vista.
“Dietro al nastro” si creano inevitabilmente grovigli di persone, felicemente agitate ma spesso anche eccitate dalla curiosità di vedere, verosimilmente per la prima volta in vita loro, tale gioiello dell’arte di tutti i tempi. La calca accomuna moltitudini diverse, dal visitatore più interessato a quello più superficiale, da quello attento a quello che non vede l’ora di andarsene; da quello soggiogato da tanta bellezza a quello al quale della bellezza non interessa niente.
Ho visto persone sbadigliare, ridere; ho sentito suoni indecifrabili uscire da bocche chiuse e aperte; ho sentito parlare di cibo, di ristoranti, di calci di rigore, di concerti musicali, d’appuntamenti dopo cena.
Ho sentito opinioni inverosimili su chi fosse la donna ritratta e falsi intenditori pronunciare parole al vento riguardo alla sua autenticità.
Un tipo una volta ha anche detto “I love Raphael”, e sicuramente era un lapsus.
Un’altra volta invece ho riso anch’io, al pensiero di trovarmi circondata da tutta quella gente indisciplinata, girata di spalle, pur di scattarsi una foto con Leonardo sul fondo.
In visita al Musée du Louvre, con amici, italiani o stranieri, grandi o piccoli, ho chiesto se si ricordassero in quale posizione fossero le mani della donna e, forse, solo un paio di loro mi hanno risposto in maniera corretta. C’è anche chi ha affermato che le mani non fossero mai state dipinte.A quel punto ho capito che guardare la Gioconda è un’impresa piuttosto difficile.
Soprattutto quando tra l’opera e il pubblico si pone una distanza incolmabile, che costringe il visitatore, non solo a fermarsi in una posizione inadatta alla corretta fruibilità, ma anche a limitarsi nei movimenti.
La colpa di tutto questo non è ovviamente degli espansivi visitatori del museo, che pagano un biglietto per entrarci.
La colpa è chi non regola il flusso umano, costringendo i turisti, prima, ad ammassarsi e, poi, a sbrigliarsi per liberarsi, pur di vedere e fotografare la Gioconda per qualche minuto.
E se il godimento di un bene culturale o di un’opera d’arte, in questo caso la più celebre al mondo, passa anche attraverso il rituale dello scatto fotografico, allora perché non permettere alle persone di fare ciò che è più gradito loro, in maniera ordinata e rispettosa?Ridate alla Gioconda il suo spazio, i suoi istanti, la sua dignità. Ridatele la considerazione che si merita.
E date al pubblico ciò di cui ha più bisogno: l’umana ed urgente necessità di apprezzare il bello e di comprenderlo nei tempi necessari.
Perché così altrimenti si genera confusione su ciò che fa bene oppure no. E diventiamo tutti quella massa ingestibile di visitatori disattenti, impegnati solo a sopravvivere nel mucchio di chi le cose deve farle per forza.
Chiunque visiti un museo, soprattutto se interessato, deve essere messo in condizione di vedere un’opera come meglio crede e il museo deve trovare la soluzione migliore per tutti.
E vi assicuro che, vista da vicino e con i tempi giusti, la Gioconda è commovente, imbarazzante, simpatica e bellissima; inserita in quel paesaggio da far rabbrividire e da far venir voglia di ritornare indietro nel tempo, per abbracciare Leonardo e per dirgli all’orecchio “sei un grande”.
I capelli, le mani, il bracciolo della sedia; l’abito, gli occhi, le labbra, le guance; le strade, le rocce, gli specchi d’acqua; tutto ci parla di un sentire così profondo da divenire universale. Diceva Leonardo “Ogni nostra cognizione, principia dai sentimenti.”
Ed è forse per questo che la Gioconda è il dipinto più ammirato e conosciuto al mondo, perché apre il cuore dei singoli individui, in un eterno sentire universale.