di Claudia Viggiani
L’ultima volta che sono entrata nel Foro di Cesare è stato qualche settimana fa, in occasione di una visita ufficiale della regina Margrethe II di Danimarca a Roma.
Il Foro, il primo dei cinque Fori Imperiali a essere stato edificato nel I secolo a.C., si può regolarmente ammirare dall’alto, camminando intorno all’area che definisce la grande piazza monumentalizzata, che Giulio Cesare fece sistemare ai piedi del Campidoglio, subito fuori il Foro Romano e verso il popoloso quartiere della Suburra.
Quando la regina Margrethe è entrata nel Foro di Cesare ho subito pensato a Cleopatra, la regina d’Egitto che, esattamente 2063 anni fa, fu chiamata a Roma dal suo amante Giulio Cesare per assistere alla celebrazione del trionfo a lui tributato per aver riportato, nel 47 a.C., durante la guerra civile alessandrina, una grande vittoria sull’Egitto. Cesare aveva di fatto sconfitto i fratelli rivali di Cleopatra e ristabilito l’ordine e il controllo di Roma sull’Egitto.
Dopo aver annientato Tolomeo XIII e rimesso sul trono d’Egitto Cleopatra, Cesare portò a Roma Arsinoe, la sorella di Cleopatra, l’unico capo nemico catturato da poter mostrare come trofeo, sottomesso e in catene, durante la sfilata trionfale.
Chissà cosa avrà pensato Cleopatra vedendo sua sorella incedere sconfitta, oltraggiata e umiliata sulla Via Sacra, davanti alle folle indisciplinate. Certamente non si impietosì.
Cleopatra visse a Roma dall’autunno del 46 a.C., al fianco di Cesare, con il quale condivideva il letto nella dimora trasteverina del dittatore, ancora sposato a Calpurnia, fino alla morte di lui, assassinato nelle idi di marzo del 44 a.C. La relazione tra i due era forte e consolidata da obiettivi condivisi: Cleopatra sperava con essa di ottenere per il suo paese una posizione di privilegio all’interno dell’impero romano mentre Cesare necessitava assicurarsi il controllo dell’Egitto.
I due amanti, complici in politica, visitarono senza dubbio e assiduamente il Foro, simbolo del potere di Cesare il quale sborsò cento milioni di sesterzi per costruirlo. Cleopatra passeggiò nell’immensa piazza rettangolare, sulle lastre di travertino della pavimentazione originaria. Percorse i portici colonnati, sviluppati su due piani e girò intorno alla statua equestre di Giulio Cesare, celebrato come nuovo Alessandro Magno. Lo fece di giorno, alla luce del sole e sotto il cielo azzurro di Roma.
Secondo la testimonianza di Plinio il Vecchio, lo scrittore latino morto a Stabia nel 79 d.C., nel complesso cesariano, inaugurato il 26 settembre del 46 a.C., erano esposte notevoli opere d’arte, tra le quali i dipinti dei pittori greci più celebrati, numerose sculture, ricche collezioni di gemme e altri oggetti di valore, come la corazza di metallo prezioso, ornata di perle della Britannia, dedicata alla dea Venere dallo stesso Cesare.
Nella Vita di Antonio, Plutarco, parlando di Cleopatra, racconta che “A quanto dicono la sua bellezza in sé non era del tutto incomparabile né tale da colpire chi la guardava; ma la sua conversazione aveva un fascino irresistibile, e da un lato il suo aspetto, insieme alla seduzione della parola, dall’altro il carattere, che pervadeva contemporaneamente i suoi colloqui, erano un pungiglione penetrante. Dolce era il suono della sua voce quando parlava; la lingua, come uno strumento musicale dalle molte corde, la piegava facilmente all’idioma che voleva usare. Pochissimi erano i barbari con i quali trattava mediante un interprete; alla maggior parte dava da sé le risposte, come a Etiopi, Trogloditi, Ebrei, Arabi, Siri, Medi, Parti. Dicono anche che conoscesse la lingua di molti altri popoli, mentre i re precedenti non si erano sottoposti nemmeno ad apprendere l’egiziano e alcuni avevano dimenticato anche il dialetto macedone” (traduzione dal greco di Carlo Carena).
Cleopatra conosceva almeno otto lingue, incluso il copto, il greco, la sua lingua madre e l’egizio, che aveva voluto studiare alla perfezione, in controtendenza rispetto alla sua famiglia.
E lei, ultimo sovrano d’Egitto e ultima discendente dei successori di Alessandro Magno, la settima con questo nome, passeggiò spesso in questo Foro, e visitò certamente il bellissimo Tempio di Venere genitrice all’interno del quale Ottaviano Augusto, nel 29 a.C., fece porre una statua d’oro raffigurante la stessa regina, probabilmente in sostituzione di una più antica, danneggiata in seguito alla morte di Cesare.
Cleopatra restò a Roma per diciannove mesi durante i quali trasformò gli Horti di Cesare nella residenza di una corte reale su modello della corte di Alessandria d’Egitto.
Il giorno in cui la regina Margrethe di Danimarca è entrata nel Foro di Cesare, il cielo era del solito colore azzurro romano e il sole, caldissimo, infiammava l’area archeologica, rivelandone anche i particolari più nascosti.
La sovrana danese era accompagnata dall’ambasciatore Erik Vilstrup Lorenzen, dalla direttrice dell’Accademia di Danimarca Marianne Pade e da Flemming Besenbacher, presidente della Carlsberg Foundation di Copenhagen che finanzierà un’importantissima campagna di scavi che nell’arco di tre anni circa potrà mostrare al pubblico e agli esperti una parte del Foro mai indagata, quella al lato del Tempio di Venere Vincitrice e sotto via dei Fori Imperiali.
La regina ha ascoltato con interesse tutti gli interventi, incluso quello della sindaca di Roma Virginia Raggi e del sovrintendente Claudio Presicce Parisi. In molti, ciascuno esperto nel proprio settore, hanno parlato e presentato il progetto e la convenzione siglata dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’Accademia di Danimarca che dà corso all’atto di mecenatismo della Carlsberg Foundation.
L’intervento per portare alla luce l’intero Foro di Cesare prevederà, innanzitutto, indagini e studi approfonditi che permettano di comprendere al meglio le diverse fasi del complesso, costruito dopo aver demolito un quartiere fittamente abitato e aver tagliato una parte della sella tufacea che univa il colle Quirinale al Campidoglio.
Claudio Presicce Parisi ha parlato dei reperti già rinvenuti durante i precedenti scavi del Foro e degli strati emersi, riferibili a una Roma più antica della data della sua stessa fondazione, il 753 a.C.
Il sovrintendente ha inoltre spiegato che, grazie al finanziamento della Carlsberg Foundation, il Tempio di Venere sarà interamente liberato e che ciò che rimane del lato porticato orientale sarà messo in luce.
Nel corso di precedenti scavi, avviati nel 1998 dal sindaco di Roma Francesco Rutelli e conclusi nel 2008, fu rimessa in luce – nell’area meridionale della piazza del Foro – una necropoli protostorica, composta da sei tombe a incinerazione e da tre a inumazione, datata tra la fine dell’XI e l’inizio del X secolo a.C., tra l’età del Bronzo finale e la prima età del Ferro.
Oltre alla necropoli protostorica, gli scavi di allora portarono alla scoperta anche di un abitato dell’VIII-VII secolo a.C., che si era impiantato nella zona, obliterando la necropoli, nonché di un quartiere arcaico e repubblicano nato all’inizio dell’età regia, sviluppato e trasformato con il passare dei secoli in un denso agglomerato urbano in larga parte noto con il nome di Argiletum e composto, tra l’epoca arcaica e repubblicana e l’inizio del periodo imperiale, prevalentemente da abitazioni e da complesse attrezzature commerciali.
Dai corredi funebri – in parte esposti nel Museo delle Terme di Diocleziano a Roma – si può affermare che i protagonisti di questa “Roma prima di Romolo” erano capi guerrieri e sacerdoti di rango elevato, personaggi eminenti in una società laziale in piena formazione.
E queste scoperte sulla fase delle origini e della fondazione dell’Urbe e sulla storia del paesaggio pre-urbano della nascente città di Roma, rende ancora più importante l’impegno della Danimarca nella nuova campagna di scavi che avrà inizio a breve.
Noi romani, e gli studiosi tutti, siamo felici di questa nuova collaborazione tra le istituzioni danesi e italiane.
E come ha affermato Jan Kindberg Jacobsen della Ny Carlsberg Glyptotek, leader del “Center for Urban Network Evolutions” dell’Università di Aarhus e direttore degli scavi a Roma, questi produrranno nuove scoperte cruciali, contribuendo alla comprensione del Foro di Cesare, così come allo sviluppo del centro romano dalla preistoria fino al medioevo. Il progetto si concentrerà in particolare sull’applicazione di metodi scientifici a complessi materiali archeologici e gli studenti e i dottori di ricerca danesi affiliati al progetto lavoreranno fianco a fianco con alcuni dei migliori archeologi italiani per tutta la durata del progetto presentato al mondo interno con il supporto della sovrana danese.
La visita della regina Margrethe al Foro di Cesare si è conclusa solo dopo la breve ed esclusiva visita guidata del professore Jan Kindberg Jacobsen e di Rubina Raja, leadee del Centre for Urban Network Evolutions.
E mentre li guardavo muoversi nella piazza di Giulio Cesare, io pensavo di nuovo a Cleopatra.
Ero lì di fronte a Margrethe e pensavo a Cleopatra: pensavo alle due regine e al tempo che scorre, e alla storia che le ha unite in un giorno di fine ottobre, sotto lo stesso cielo azzurro di Roma.
Foto Claudia Viggiani